Samir - Svizzera 2024 - 130’ - In collaborazione con il Locarno Film Festival e il CCL
Grazie a foto di famiglia, animazioni, clip musicalo e materiale d’archivio, il film racconta in modo divertente la storia dell’emigrazione dai paesi vicini verso la Svizzera. Dal dopoguerra ai giorni nostri come è cambiata la classe operaia per arrivare ora ad essere sinonimo di “stranieri”? (dal catalogo del Locarno Film Festival).
Il film si sviluppa a partire dall’esperienza del regista, che ha vissuto personalmente questi conflitti e queste trasformazioni sociali. La narrazione parte dai primi anni ’60 e viene raccontata attraverso brevi episodi animati, realizzati con la tecnica dei video-giochi, in cui sono condensati episodi di vita del regista dalla sua infanzia in un ambiente operaio degli anni ’60: la vita di un bambino migrante in un sobborgo operaio di Zurigo, l’adolescenza come attivista nel movimento sindacale di sinistra fino agli anni ’70, l’amicizia con tanti italiani immigrati, la rappresentazione del crollo delle vecchie industrie e dei loro sindacati. Queste vicende personali si intrecciamo con la ‘Grande Storia’, quella che mostra l’incidenza di questi fenomeni nella società e nella cultura dei paesi che ne furono più toccati, e in tutta Europa. Questa storia viene raccontata con i materiali filmati istituzionali dell’epoca, notiziari e programmi televisivi di uno e l’altro paese. Poi con i racconti diretti e le testimonianze degli immigrati di allora, con un’ampia selezione di preziosi archivi filmati e fotografici, oltre che con estratti di film lungometraggi dell’epoca che entrano nel merito di questo fenomeno. Oggi sembra che nessuno parli più di classe operaia, men che meno i partiti della sinistra storica. Naturalmente, nelle nostre società informatizzate e automatizzate, ci sono ancora persone che fanno lavori fisicamente faticosi e pesanti. Ma il termine “operaio” è stato sostituito nei fatti, nel linguaggio corrente e nella percezione della gente, dalla parola “straniero”. Perché un quarto delle persone che vivono in Svizzera, quelli che fanno i lavori più sporchi e sottopagati, viene da altri paesi, paesi extraeuropei, ormai. La maggior parte dei cittadini svizzeri – ma lo stesso avviene ormai in tutti i paesi europei, anche quelli che fino a qualche tempo fa erano al centro di grandi flussi di emigrazione, come l’Italia – ora considera “normale” che ci siano “stranieri” che, a differenza degli “svizzeri”, fanno i lavori di fatica senza godere dei diritti civili. Non importa per quanto tempo vivono da noi, non importa se lavorano e pagano le tasse nei nostri paesi, e neppure se vi sono nati: sono altro, non appartengono allo Stato democratico.
Lino Musella, Ciak